Clive Cussler e Paul Kemprecos “Morte bianca”
Minore, ma di molto. Cussler, nella saga con protagonista Dirk Pitt, riesce quasi sempre a tirar fuori un prodotto abbastanza dignitoso.
Un qualche problema (generalmente che affonda le radici nel passato, anche remoto) che porta a qualche situazione di crisi per il mondo attuale. Pitt, con la gente ormai collaudata della NUMA, risolve al meglio la questione, possibilmente con contorno di belle donne. Meno nelle ultime puntate, dove trova l’amore e due figli che ne proseguono le gesta.
Qui siamo in una saga parallela, i personaggi della NUMA sono gli stessi, meno Pitt e Giordino. Però Kurt Austin lo fa rimpiangere alla grande: non ne ha la classe, ma solo il fascino sulle donne.
La storia è classica: una caravella basca fugge l’inquisizione durante il 1500 e finisce nei ghiacci del Nord.
I cattivoni al giorno d’oggi cercano di sabotare il mercato alimentare immettendo pesce geneticamente modificato (dopo averlo brevettato, e qui si potrebbe aprire una parentesi bella lunga, anche perché, stando alle ultime notizie, il pesce d’allevamento ormai domina il mercato, e indoviniamo chi ci sarà dietro…).
Austin cerca di “salvare il mondo”, ma solo l’aiuto dei discendenti dei baschi di cui alla caravella permette di volgere in positivo la vicenda.
Tutto però senza molto mordente. Forse si può portare al mare, ma quando si ha tanto ma tanto tempo e nessuna voglia di attivare i nostri due neuroni.
Clive Cussler e Craig Dirgo “L’oro dei Lama”
Minore, anch’esso, ma forse un po’ meno del precedente.
Certo, anche qui manca Dirk Pitt, e si sente. Lo schema generale è più o meno quello precedente, solo che la NUMA qui viene rimpiazzata da una non meglio identificata Corporation (una NUMA tesa al profitto, ma con degli ideali, o almeno con delle punte).
E questi scompensi (che imputo alla mano dell’aiutante Craig Dirgo) si sentono. L’episodio cubano è molto “appiccicato” e tutto è pervaso da un filo americanismo acritico non sempre presente nel Cussler classico.
La storia di base è come detto classica: durante la fuga del Dalai Lama dal Tibet si perde un Buddha d’oro. Tra trafficanti di droga, magnati del software ed aste varie, salta fuori. Ma la Corporation è in agguato. Ed in accordo con la Cia inscena una sequenza degna del miglior James Bond nella cittadina di Macao.
Non c’è un vero nemico, né forse un vero amico, ma gli “eroi” alla fine riescono nell’intento iniziale (che non svelo) facendo un buon profitto, ed adombrando scenari economicamente interessanti ma non approfonditi (la Cina rampante, il petrolio mancante, ed altre amenità). Forse qui i neuroni possono salire a quattro, anche perché, rispetto al precedente, almeno le scene movimentate hanno un po’ di mordente. Manca però del tutto il lato “glamour” alla Dirk Pitt.
E me ne dispiace. (ma il Tibet….)
fonte: Trame e voilà
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