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venerdì 7 ottobre 2011

Discorso di Steve Jobs nel 2005 agli studenti di Stanford


Questo è parte del discorso agli studenti di Stanford del 2005 di Steve Jobs, un anno dopo la scoperta del cancro, sta facendo il giro del mondo, il mio consiglio è salvatela, non solo su qualche file o stampante, ma nel vostro cuore.
Sono tanti i passaggi che potrebbero essere segnalati come importanti, a me sono piaciuti soprattutto quelli riguardanti il non accontentarsi e di mettere un pizzico di follia in quello che si fa.
Mi piace condividerli con voi:

[...]


Proprio perché sono sopravvissuto a questa esperienza credo di potervi dire quello che sto per dirvi con maggiore convinzione di quella che avevo quando la morte era un concetto puramente astratto: nessuno vuole morire. Nemmeno quelli che desiderano andare in paradiso vogliono morire.

Eppure la morte è la nostra comune destinazione, nessuno è mai sfuggito. Ed è così che deve essere perché la Morte è la più geniale invenzione della Vita. È il fattore di cambiamento della Vita. Spazza via il vecchio per far posto al nuovo. Ora il nuovo siete voi, ma un giorno non troppo lontano poco alla volta diventerete il vecchio e verrete spazzati via. Mi dispiace di essere così drammatico, ma è la verità.

[…]

Talvolta la vita ti colpisce con una bastonata. Non scoraggiatevi. Sono convinto che la forza di andare avanti mi è venuta dal fatto che amavo quello che facevo. Dovete scoprire cosa amate. E questo vale per il lavoro e per la vita personale.

Il lavoro occuperà gran parte della vostra vita e per essere veramente soddisfatti dovete fare qualcosa di veramente buono. E per fare qualcosa di veramente buono dovete amare quello che fate. Se non l'avete ancora trovato, continuate a cercare. Non accontentatevi. Come capita sempre nelle   faccende di cuore, quando avrete trovato ciò che amate ve ne accorgerete immediatamente. E come capita nei rapporti profondi, le cose col passare degli anni non fanno che migliorare. Quindi continuate a cercare finché non troverete quello che cercate. Non accontentatevi.

La terza storia riguarda la morte. A 17 anni mi capitò di leggere una frase che diceva più o meno: "Se vivrete ogni giorno come se fosse l'ultimo , un giorno sicuramente avrete avuto ragione". Questa frase mi colpì e da allora, negli ultimi 33 anni, ogni mattina mi sono guardato allo specchio e mi sono chiesto: "Se oggi fosse l'ultimo giorno della mia vita, vorrei fare quello che mi accingo a fare?". E quando la risposta è stata "no" per troppi giorni di seguito, ho sempre capito che dovevo cambiare qualcosa.

Ricordare che presto morirò è stato lo strumento che più di ogni altro mi ha aiutato a fare le scelte importanti nella vita. Perché quasi tutto - le aspettative, l'orgoglio, la paura di fallire - scompare rispetto alla morte lasciando solo ciò che veramente conta. Ricordare che moriremo è il modo migliore che conosco per evitare la trappola di pensare che abbiamo qualcosa da perdere. Siete già nudi. Non c'è ragione di non seguire il proprio cuore.

[…]

Il tempo che vi è dato è limitato; non sprecatelo vivendo la vita di qualcun altro. Cercate di non finire prigionieri del dogmatismo, che equivale a vivere in base ai principi di altri. Non permettete che il rumore delle opinioni altrui soffochi la voce che sale dal vostro Io. E ciò che più conta: abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore e il vostro intuito che già sanno, in una certa misura, cosa volete diventare davvero. Tutto il resto è secondario.

Quando ero giovane c'era una straordinaria pubblicazione,TheWholeEarth Catalog, che è stata una delle bibbie della mia generazione. L'aveva creata, con un tocco di personale poesia e non lontano da qui, a Menlo Park, un certo Steward Brand. Eravamo sul finire degli anni Sessanta, prima dei personal computer. Allora si faceva tutto con le macchine per scrivere, le forbici e le Polaroid. Era una specie di Google su carta stampata, 35 anni prima che Google facesse la sua comparsa: una pubblicazione idealistica che forniva strumenti di grande precisione e nozioni fantastiche.

Stewart e i suoi pubblicarono diversi numeri. Poi, quando capirono che il ciclo era terminato, fecero uscire un ultimo numero. Eravamo verso la metà degli anni Settanta e avevo la vostra età. Sul retro della rivista c'era la foto di una strada di campagna alle prime luci dell'alba, il tipo di strada che potreste vedere anche voi se foste così avventurosi da alzarvi presto per fare l'autostop. Sotto la foto la didascalia diceva: "Continuate ad aver fame. Continuate ad essere folli". Era il loro messaggio di addio. Continuate ad aver fame. Continuate a essere folli.

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